Infanzia, dispositivi touch e App

infanzia app

 

Riflessioni di Alessandra Serra (Equipe Formativa Territoriale Emilia-Romagna/Servizio Marconi TSI) 

Questa la versione PDF scaricabile di questo articolo:
Alessandra Serra – Infanzia, dispositivi touch e App
Questa versione PDF scaricabile contiene note , riferimenti sito-bibliografici  e link utili


La rivoluzione digitale ha portato alla presenza diffusa dei dispositivi mobili in tutti gli aspetti della vita quotidiana riaccendendo  così l’antico scontro tra le posizioni apocalittiche ed integrate. Molti i dubbi e le preoccupazioni sui possibili effetti negativi che, a fianco dei tanti certamente positivi, le tecnologie digitali possono produrre sugli esseri umani. Oggi più che mai viviamo in un contesto in cui i dispositivi digitali sono facilmente accessibili anche da parte dei bambini, che fin dalla prima infanzia entrano in contatto intuitivamente con il mondo in miniatura dei dispositivi touch screen e con questo interagiscono in modo autonomo, diretto, utilizzando le gestualità ricorrenti – come toccare, sfiorare, picchiettare – con cui imparano ad esplorare e a conoscere il mondo in quell’età. Il fenomeno dell’appropriazione digitale, da parte dei più piccoli, è recente, perciò è difficile trovare, nella letteratura sull’argomento, risposte esaustive alle domande di coloro che si interrogano sulle conseguenze effettive di tale fenomeno, così come può essere difficile non radicarsi su uno schieramento, pro o contro, l’uso dei dispositivi digitali nel contesto educativo. Demonizzare la tecnologia e limitarne l’accesso e l’utilizzo significherebbe non preparare adeguatamente i bambini al futuro che li aspetta, lasciandoli sprovvisti di strumenti utili per un orientamento consapevole e critico all’interno di un panorama sempre più multimediale. Ciò non vuol dire che tutte le esperienze educative debbano essere mediate dalla tecnologia; l’idea è piuttosto quella di  proporre un’innovazione della didattica, integrata di vecchi e nuovi media, in grado di dare nuovi significati a ciò che si è sempre fatto. In questa prospettiva i media digitali vengono considerati come ambienti d’apprendimento, luoghi di interconnessione di linguaggi, codici e modalità dove i bambini imparano un’alfabetizzazione “multicodicale” che sarà utile per affrontare le sfide della complessità odierna fatta di molteplici culture, saperi, significati. Strumenti che mediano la conoscenza, attraverso il gioco e la comunicazione, in grado di favorire lo sviluppo della creatività, se pensati come pennelli che possono creare e, grazie alla dimensione multimediale, soprattutto delle app, contribuire all’evoluzione del potenziale cognitivo, poiché la mescolanza di narrazione e interazione delle applicazioni con caratteristiche esplorative ed interattive, come dimostrano gli studi di Giuseppe Riva, può facilitare l’integrazione cognitiva ovvero il dialogo e la coordinazione tra lobo frontale e lobo parietale del cervello. Si tratta allora per la scuola, gli educatori e i genitori di proporre esperienze creative e stimolanti, non solo di fruizione passiva, ma di produzione attiva di gioco, scambio e interazione tra adulti e bambini, con la volontà di creare, dialogare ed esplorare insieme il mondo dei dispositivi touch screen e delle app. Non è facile orientarsi nell’ampio mercato delle applicazioni denominate educational tuttavia alcune ricercatrici del Centro di Neuroscienze di Washington, attraverso un’analisi sistematica di queste app, propongono la classificazione di queste in tre categorie principali: 

  • le applicazioni “didattiche” istruttive, ovvero quelle “chiuse” che richiedono l’esecuzione di attività per raggiungere uno scopo e che necessitano di un investimento cognitivo minimo da parte di chi apprende. Si tratta di app che rafforzano la conoscenza attraverso la ripetizione di schemi;
  • le applicazioni manipolative, che consentono la scoperta e la sperimentazione guidata;
  • le applicazioni aperte (improntate alla didattica costruttivista), che permettono ai bambini di creare contenuti attraverso la funzione usa – modifica – crea

Secondo un’indagine di Hirsh-Pasek, del 2015, le app istruttive costituivano al momento dell’osservazione il 75% dell’offerta EDU disponibile sugli app store, le app manipolative il 23%, quelle aperte solamente il 2%. Questo ritratto di un mercato comunque che continua ad evolversi e a riempirsi di nuovi contenuti ogni giorno, è stato proposto dagli autori proprio per aiutare educatori e genitore nella scelta e può essere ancor oggi orientativo al fine di individuare l’effettiva valenza educativa delle applicazioni offerte negli app store.

L’apprendimento dei bambini avviene quando questi sono cognitivamente attivi. L’apprendimento è significativo, interattivo e volto ad un obiettivo specifico: alla luce di ciò le applicazioni da considerarsi realmente educative sono quelle che incoraggiano il pensiero, il problem solving, coinvolgono, consentono di sperimentare, favoriscono autonomia e indipendenza, promuovono il collegamento tra attività online e offline, stimolano a fare domande e a condividere contenuti tra pari o con gli adulti. Questi criteri di giudizio possono essere strumenti alla base della scelta di applicazioni utilizzabili sia in contesti formali che informali ed oltre a ciò i genitori e gli insegnanti sono invitati a sperimentare per primi la natura delle applicazioni che offrono ai bambini ponendo particolare attenzione che lo scaffolding sia adeguato all’età e che nell’applicazione non ci siano eccessive animazioni multimediali ed interruzioni pubblicitarie che possano distrarre il bambino dal momento di apprendimento su dispositivo.

A questo punto vorrei porre l’attenzione su un aspetto particolare delle applicazioni “aperte” come Scratch Jr, Stop Motion, My Little Story Book, SketchBook, SoundForest e LoopMal, e il loro utilizzo sui dispositivi touch screen: il gioco e la creazione che queste applicazioni permettono parte da molto lontano, ovvero dal poter “fare con le mani” una modalità d’esecuzione che accende la passione e l’entusiasmo, e polarizza l’attenzione.

I movimenti che il bambino acquisisce nella gestualità del gioco tradizionale, come quelli del colorare con le matite o del bricolage, vengono ripetuti sullo schermo dove l’interfaccia però permette di testare i propri confini, auto correggersi, conservare un progetto immaginato, ripensare, cambiare e così esprimere al massimo se stesso attraverso la sua arte, anche se digitale.  L’attività artistica, anche sui dispositivi, è esperienza pratica,, esplorazione ed educazione alla creatività, ovvero una ricerca di sé e della propria libera espressione che favorisce uno sviluppo personale ed indipendente. Se per Gardner e Davis quello che emerge come primo fattore negativo rispetto all’utilizzo delle app è la tendenza di queste all’omologazione, all’uniformità e ad ostacolare l’immaginazione, lo stesso Gardner riconosce però come le applicazioni possono stimolare la creatività. Ed è questa creatività che si vuole far sperimentare tramite le app manipolative e le tecnologie touch screen ai bambini come strumento contro l’omologazione, educandoli così alla produzione attiva, alla curiosità, al pensiero divergente. Dunque l’adulto di riferimento non solo è responsabile di ciò che offre al bambino; a lui viene anche richiesto di incentivare, valorizzare, coordinare e supervisionare l’utilizzo delle applicazioni dando anche regole d’uso per il tempo e le modalità del loro  impiego. Infine va ricordato che la facilità d’uso dei dispositivi da parte dei cosiddetti “nativi digitali” non è sinonimo di consapevolezza e competenza: sta agli adulti, agli insegnati ed alla scuola assumere il ruolo di guida nell’utilizzo dei nuovi media, educando al loro utilizzo critico, creativo e responsabile, e quello di accompagnatori nell’acquisizione di una solida new media literacy,  di una reale “saggezza digitale”.


[traccia del webinar di formazione per docenti di scuola dell’infanzia proposto il 16 gennaio 2021]