Educare con la robotica nella scuola dell’infanzia

robotica infanzia

Riflessioni di Alessandra Serra (Equipe Formativa Territoriale Emilia-Romagna/Servizio Marconi TSI) 

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Alessandra Serra – Educare con la robotica all scuola dell’Infanzia


Negli ultimi anni il Consiglio d’Europa ha approvato il Digital Citizenship Education Project che pone l’accento sulla necessità di istruire i bambini tramite competenze per l’apprendimento e la partecipazione attiva nella società digitale, ponendo attenzione su ciò che si può fare per educare le nuove generazioni a essere futuri cittadini digitali. Per rispondere a questa richiesta si è sempre più diffusa la pratica di proporre in ambito scolastico, a bambini e ragazzi, attività di robotica educativa, di sviluppo del pensiero computazionale e di introduzione al tema dell’intelligenza artificiale. La formazione dei bambini si è aperta così al tema delle competenze digitali e si sono affrontati argomenti ritenuti necessari per la crescita dei cittadini del futuro, come il far acquisire alle giovani generazioni un pensiero critico e consapevole sul funzionamento di sistemi sempre più integrati nelle nostre vite. In Italia la robotica educativa, il coding e il pensiero computazionale sono stati introdotti nelle scuole grazie alla Direttiva ministeriale n. 39 del 30 novembre 2009 e al Piano Nazionale Scuola Digitale del 2015, nel quadro del quale sono stati avviati numerosi progetti di ampliamento ed integrazione dell’offerta didattica attraverso esperienze educative di sperimentazione di robot nelle scuole. Per modalità di svolgimento le esperienze scolastiche possono essere suddivise in due categorie: la prima prevede la considerazione della robotica come materia di studio cioè trattando argomenti quali la costruzione e programmazione di robot; la seconda vede nella robotica uno strumento di apprendimento per cui i robot sono utilizzati a sostegno di processi di insegnamento interdisciplinare. La robotica educativa nella scuola dell’infanzia non può essere una disciplina, ma una strategia di insegnamento basata sull’utilizzo dei robot per favorire lo sviluppo dei processi cognitivi, socio-relazionali, emotivi degli alunni, per raggiungere obiettivi specifici di apprendimento. I robot, utilizzati nelle attività educative, sono ausili didattici: così si esprime Papert, nel suo pensiero i computer e le macchine sono mediatori didattici, strumenti a servizio dell’insegnante e dello studente che attivamente utilizzano questo mezzo per progettare e costruire molteplici attività. 

In molte aule sono quindi arrivati ‘nuovi compagni’, tra i primi le BeeBot, piccole apette elettroniche con i tasti di comando sul dorso. I bambini entrano in contatto per la prima volta con l’elemento fisico che fa da mediatore dell’insegnamento, ovvero il robot, rivolgendogli da subito la loro attenzione, il loro interesse, la loro curiosità, poiché proprio grazie alla sua funzione di ‘mediatore culturale’ riesce a stimolare maggiormente la concentrazione, la collaborazione e la partecipazione alle attività. Il robot non viene considerato dai bambini come una macchina, ma come un amico con cui interagire ed esplorare; è alto il loro coinvolgimento emotivo quando, nel momento della programmazione, essi si identificano con l’oggetto, agiscono sotto una spinta emotivo-motivazionale, ad esempio ‘aiutando’ il robot. Guidati da questa motivazione intrinseca traggono grande soddisfazione nel portare a termine i compiti richiesti. Si può prendere ad esempio l’impiego di mTiny per spiegare come l’identificazione del bambino con il robot ne accresca il coinvolgimento emotivo. Il robot mTiny produce suoni ed espressioni diverse in base all’emozione che il bambino decide di fargli provare, programmandolo attraverso l’inserimento di tesserine che sono state progettate per provocare ciascuna una reazione differente. Questo robot permette ai bambini di riconoscere visivamente le emozioni e l’identificazione con esso può aiutarli ad esprimere e riconoscere meglio i sentimenti propri ed altrui, così il suo utilizzo li può educare ad una buona consapevolezza emotiva. Nelle attività di robotica educativa sperimentate alla scuola dell’infanzia il bambino è al centro del suo stesso apprendimento, dopo l’incontro iniziale, dove non si conosce il gioco, si avvia verso la sperimentazione e la scoperta: toccando e schiacciando i tasti si osservano le reazioni del robottino, come e dove si muove in base ai comandi impartiti. Grazie alla proposta di attività ludiche, individuali o di gruppo, da svolgere con il robot, gli alunni imparano da sé a conoscerlo, a gestirlo e a guidarlo di volta in volta sempre meglio. Merito riconosciuto alla robotica educativa è quello di promuovere un apprendimento divertente ed in grado di coniugare la pratica con la teoria, poiché ha un approccio fortemente costruttivista, permette di trasformare il pensiero in qualcosa di concreto e tangibile – devo far avanzare Bee Bot di tre passi, schiaccio tre volte il tasto ‘avanti’ e il tasto ‘go’, Beet Boot avanza – così come voluto da Papert per il quale

One of my central mathetic tenets is that the construction that takes place ‘in the head’ often happens especially felicitously when it is supported by construction of a more public sort ‘in the world’ – a sand castle or a cake, a Lego house or a corporation, a computer program, a poem, or a theory of the universe

“la costruzione che ha luogo nella testa spesso si verifica in maniera particolarmente felice quando è supportata dalla costruzione di qualcosa di molto più concreto: un castello di sabbia, una torta, una casa di Lego, un programma per computer, una poesia, una teoria dell’universo…”. Questa pratica favorisce lo sviluppo dell’astrazione e dell’orientamento spaziale inoltre porta ad acquisire conoscenze relative alla tecnologia e alla scienza. La complessità delle attività proposte corre in parallelo alle abilità acquisite dagli alunni e con il tempo gli può essere richiesto di progettare un loro itinerario o di far fare un percorso specifico al robot. I bambini dovranno inserire i comandi, testarne la correttezza, potranno sbagliare, correggersi e ritentare fino all’elaborazione della sequenza di indicazioni necessaria per far compiere quel particolare percorso al robot e fargli raggiungere la meta che si erano prefissi. Questo tipo di attività insegna loro a gestire l’errore tramite l’autocorrezione e l’autovalutazione del proprio lavoro, potenzia le capacità di problem solving e favorisce lo sviluppo del pensiero computazionale. Il bambino nell’atto di pensare, scrivere e mettere in pratica la sequenza di codici (data da un insieme ordinato di spinte dei tasti) sperimenta il coding, ovvero programmare linee di codice o algoritmi. Ma essere in grado di realizzare questo significa aver prima acquisito una forma mentis che lo porti a ragionare in maniera metodica, logica e pulita per risolvere i problemi nel modo più veloce ed efficiente possibile: pensare, cioè, in maniera computazionale. Questi ‘giochi’ permettono loro di sperimentarne la logica in prima persona potenziando così lo sviluppo delle loro abilità cognitive. Il pensare in maniera computazionale e il saper programmare una sequenza di azioni ordinata li conduce a far fronte a difficoltà via via sempre più complesse e ottenere subito, da questo lavoro sotto forma di gioco, risultati tangibili e soddisfazione immediata. Ciò favorisce l’aumento dell’autostima. Nel momento finale dell’attività è importante che gli insegnanti chiedano ai bambini di esporre a voce il percorso svolto attraverso un loro discorso. Il ricostruire e il raccontare le scelte fatte, tra difficoltà e soluzioni, permette ai bambini di riflettere e rielaborare la loro esperienza attivando specifiche competenze linguistiche nella lingua madre e in quella straniera (molti robot si programmano in inglese). La metacognizione, ovvero la consapevolezza delle proprie capacità e dei propri ragionamenti, è riconosciuta tra le competenze trasversali che la robotica educativa aiuta a sviluppare, perciò è auspicabile che l’insegnante prediliga l’utilizzo dei robot in attività di gruppo per incoraggiare quindi la cooperazione e la condivisione sia pratica che verbale. Ho utilizzato BeeBot e mTiny come robot di riferimento per spiegare in modo concreto le dinamiche e i punti di forza delle attività di robotica educativa nella scuola dell’infanzia ma possono essere citati altri nomi come Ozobot, Dash&Dot, Cubetto, MatataLab, Neuron, tutti utilizzati nelle scuole, di cui vi invito a scoprire le specifiche caratteristiche e a sperimentarne le potenzialità. Vorrei sottolineare come l’esperienza ludica, di learning by playing, che si propone di far svolgere agli alunni, con l’impiego di robot nella didattica, sia sostanzialmente una pratica di esplorazione, rientrando così negli studi di Resnick, e come tale basata sulle ‘quattro P’ da lui individuate: “project, passion, peers, and play”. A queste corrispondono diverse dimensioni dell’apprendimento – cognitiva, motivazionale e socio-relazionale – trasversali alle singole materie che la robotica educativa è in grado di stimolare e potenziare perciò non dovrebbe essere una ‘disciplina’ da trattare in modo occasionale ma sistematico per approfondire l’acquisizione di conoscenze in linea con la progettazione didattica. I ricercatori Cheng, Su e Chen hanno individuato nei loro studi che tra le potenzialità della robotica educativa vi è la capacità di rendere più facile l’apprendimento attraverso attività di gioco ed esperienze pratiche in cui il coinvolgimento, l’attrazione e l’interattività, che caratterizzano l’ambiente didattico, favoriscono lo sviluppo di diverse abilità quali: il pensiero computazionale e l’apprendimento delle basi della programmazione, campi di studio utili ai futuri cittadini digitali; l’utilizzo della logica per risolvere problemi reali, un mindset pragmatico; la comprensione di concetti astratti come quelli di spazio, tempo e velocità infine competenze maggiori in scienza, tecnica, ingegneria e matematica (STEM) ambiti di studio considerati prioritari nel XXI secolo poiché allineati con le esigenze del futuro.


Riferimenti per approfondire:
Alimisis, D., & Kynigos, C. (2009), “Constructionism and Robotics in Education”, in D. Alimisis (a cura di), Teacher Education on Robotics-Enhanced Constructivist Pedagogical Methods, Athens, School of Pedagogical and Technological Education (ASPETE), p. 11-26; versione online: http://roboesl.eu/wp-content/uploads/2017/08/ chapter_1.pdf (5.1.2021).
Cheng, A. W., Sun, P.-C., & Chen, N.-S (2018), “The Essential Applications of Educational Robot: Requirement Analysis from the Perspectives of Experts, Researchers and Instructors”, Computers & Education, 126, pp. 399-416, https://doi.org/10.1016/ j.compedu.2018.07.020.
Digital Citizenship Education Project (s.d.), Council of Europe, https://www.coe.int/en/web/ digital-citizenship-education/digital-citizenship-education-project.
Papert, S. (1993), The Children’s Machine Rethinking School In The Age Of The Computer, New York, Basic Book; tr. it. I bambini e il computer. Nuove idee per i nuovi strumenti dell’educazione, Bologna, Rizzoli, 1994.
Resnick, M. (2017), Lifelong kindergarten: Cultivating creativity through projects, passions, peers and play, Cambridge (MA), MIT Press; (tr. it., Come i bambini, Trento, Erickson, 2018).

Riferimenti alle strumentazioni tecniche citate nell’articolo:
Beebot, Bluebot, https://www.tts-international.com/bee-bot-programmable-floor-robot/ 1015268.html
Cubetto, https://www.primotoys.com/
Dash and Dot, https://www.makewonder.com/
MatataLab, https://matatalab.com/en/coding-set
mTiny, https://www.makeblock.com/mtiny
Neuron, https://www.makeblock.com/steam-kits/neuron
Ozobot, https://ozobot.com/


[traccia del webinar di formazione per docenti di scuola dell’infanzia proposto il 23 gennaio 2021]